Le acque del Simeto hanno da sempre rappresentato una insostituibile risorsa per tutto il vasto territorio che interessa il suo bacino. L'approvvigionamento urbano, l’agricoltura (agrumicoltura in particolare), e più recentemente le attività industriali di una buona parte della Sicilia orientale sono soddisfatti dalle acque del Simeto. A tale scopo sono stati costruiti vari bacini artificiali su affluenti del Simeto e lo stesso fiume è oggetto di più traverse che ne sbarrano il corso e ne captano le acque, come quella posta a Ponte Barca di Paternò. Risultato di questi interventi è stata una progressiva e sempre più cospicua riduzione della portata del fiume che da perenne è stato trasformato in un corso d’acqua torrentizio, con danni notevoli per la flora e la fauna. Gli effetti di bacini artificiali e traverse si sono ripercorsi anche nella zona costiera prospiciente la foce, infatti il mancato trasporto solido del fiume sta determinando un sempre più cospicua arretramento della costa.
Il Simeto, come molti altri fiumi siciliani, e stato oggetto di discutibili opere di sistemazione idraulica realizzati allo scopo di regolamentare la portata e di evitare danni ai terreni agricoli. Argini e briglie hanno profondamente modificato il corso del fiume, l’alveo del fiume è stato ristretto e in alcuni tratti, addirittura, le sponde sono state cementificate. Il tratto finale del fiume da Paternò alla foce è quello che è stato maggiormente modificato da tali opere. I danni per la flora, la vegetazione e la fauna sono stati notevoli e hanno significato una notevole perdita in biodiversità sia a livello di ecosistema che specifica. Le formazioni vegetali più complesse come i boschi ripali occupano superfici molto limitate, lo stesso può dirsi di quelle palustri che assumono notevole significato per l’avifauna. Al posto della vegetazione naturale sugli argini artificiali e nei greti modificati si sono insediate fitocenosi di tipo ruderale. A questi fattori di degrado sono da aggiungere le varie attività antropiche svolte all’interno della golena fluviale come il pascolo, il taglio degli alberi, l’attività di cava della ghiaia, la discarica abusiva di rifiuti solidi e di liquami fognari. L’apporto di questi ultimi supera le capacità biologiche di autodepurazione del fiume, le acque risultano così inquinate e spesso maleodoranti, con vistose proliferazioni di alghe verdi filamentose che soppiantano la scomparsa vegetazione acquatica a idrofite radicate. In un quadro ambientale che può definirsi agonizzante, gli unici interventi reali che si prospettano per il fiume sono quelli di ulteriori captazione della portata al fine per rifornire il bacino artificiale del biviere di Lentini. Di contro mancano misure a vantaggio dell’ambiente naturale del fiume nonostante la istituzione delle due riserve una presso la foce e l'altra presso l’ingrottato lavico.