Il panorama della frutticoltura etnea è arricchito dalla presenza sul territorio di numerose specie considerate minori per diffusione ed importanza economica, ma spesso di notevole interesse storico, paesaggistico, bio-agronomico.
Alcune rappresentano significativi indicatori biologici di condizioni climatiche più o meno comparabili con quelle delle zone subtropicali; in tale gruppo possono rientrare il nespolo del Giappone, l’avocado, la feijoa, il noce pecan; esse a motivo delle loro esigenze termiche ed udometriche sono presenti soltanto nella più calda ed irrigua fascia costiera. Altre specie minori sono più diffuse sul territorio; la loro presenza, a seconda dei casi si intensifica o si attenua procedendo dalle quote più basse a quelle più elevate cioè fino ai 1400-1500 m di altitudine oltre i quali le colture lasciano sempre maggiore posto alle aree coperte da vegetazione naturale o a quelle interessate da lave non ancora colonizzate. La presenza di fruttiferi minori si esprime raramente attraverso impianti specializzati o anche promiscui; più spesso le specie sono rappresentate qua e là da piante sparse. Secondo un ideale gradiente di diffusione delle specie per fasce di altitudine crescente vanno ricordate: melograno, albicocco, fico, pesco, pesco-noce, susino, noce, mandorlo, actinidia, carrubo, gelso nero, cotogno, ciliegio acido, sorbo, azzeruolo, nespolo comune. La presenza di ciascuna specie in zone differenti per altitudine e quindi per condizioni termo-udometriche è in molti casi resa possibile dalla utilizzazione di cultivar con esigenze climatiche differenziate. I fruttiferi minori poggiano largamente su un quadro varietale segnato da cultivar locali, non essendo andate incontro, al pari delle specie di più rilevante diffusione, al processo di rinnovamento biologico sollecitato dalla costituzione di impianti razionali adeguati alle esigenze produttive della moderna frutticoltura da reddito.