Agrumi

Gli agrumi assumono nel contesto dell’agricoltura del massiccio etneo un rilievo particolare per numero di specie ampiezza e localizzazione della relativa coltivazione, specificità del profilo agronomico. In ogni caso, l’agrumicoltura, malgrado la sua rilevanza, non costituisce, sotto il profilo biologico, la espressione più rappresentativa dell’agricoltura del territorio etneo, del quale occupa le aree più periferiche contrassegnate da particolari condizioni orografiche e climatiche, oltre che agronomiche.

Le coltivazioni agrumicole occupano nel complesso circa 20mila ettari cioè il 30% della superficie agraria utile del territorio etneo. Le specie più largamente diffuse sono il limone, l’arancio, il clementine; presente anche il mandarino.

Il limone rappresenta la specie più emblematica della zona costiera orientale etnea, nella quale trova elettiva localizzazione a motivo del favorevole riscontro che può essere assicurato alle corrispondenti esigenze climatiche, soprattutto termiche. La limonicoltura è componente dominante del paesaggio della riviera jonico etnea, per tale motivo meglio nota come "riviera dei limoni". Tale dominanza si attenua rapidamente, proprio per ragioni climatiche, man mano che dalla linea di costa si procede verso l’interno; la coltura, in linea generale, è più presente nelle aree a quote inferiori ai 150-200 m; ad altitudini maggiori essa cede il posto al clementine che si spinge, secondo la esposizione, fino alla quota di 400 m ed oltre.

L’arancio, presente occasionalmente lungo la riviera jonica, costituisce invece una specie importante per l’agricoltura del versante meridionale; i centri di Adrano, Paternò, Biancavilla, S. Maria di Licodia sono rinomati per la produzione di arance pigmentate con impianti che occupano anche le pendici collinari dei rispettivi territori meglio esposte.

 

 

 

 

I tratti agronomici più salienti dell’agrumicoltura etnea sono rappresentati dalla destinazione alle diverse specie dei terreni più fertili, accuratamente sistemati e soprattutto irrigui; gli agrumi in pratica monopolizzano le disponibilità idriche per l’irrigazione dell’intero territorio, ove si consideri che dei circa 24mila ettari di superficie irrigata, quasi 20mila sono occupati dagli agrumi.

La diffusione nel territorio etneo dell’agrumicoltura ha conosciuto nel tempo numerose vicende; tra le più recenti e significative, anche per i riflessi sul paesaggio agrario, va ricordata quella del limone; la sua coltivazione nel corso degli anni ‘50 si è progressivamente sostituita, lungo la zona costiera ionica, a quella della vite, almeno nelle aree compatibili per condizioni orografiche, climatiche e per la disponibilità di acqua di irrigazione. Anche in rapporto a tali vicende il limone in tale zona spesso coesiste con altre colture sia arboree che erbacee quando non risulta consociato con fruttiferi diversi tra cui il ciliegio.

La coltura, a motivo di una crisi di mercato che tende a divenire strutturale, attraversa una fase delicata che si coglie anche con riferimento alle cultivar utilizzate (il "femminello", varietà dominante fino agli anni ‘50 ha ceduto progressivamente il posto ad "altri cloni" più resistenti ai gravi attacchi del malsecco) ed alla scarsa uniformità della produzione.

L’arancicoltura etnea ha il suo connotato più significativo nella diffusione di cultivar a polpa pigmentata, prime fra tutte il tarocco ed il sanguinello