Ficodindia

Il ficodindia, dopo la sua introduzione in Sicilia nel XVI secolo, si è rapidamente naturalizzato e diffuso anche sull’Etna divenendone una delle piante simbolo. Utilizzato agli inizi per delimitare appezzamenti assieme ai muretti di pietra lavica, caratterizza, soprattutto sul versante meridionale nell’Etna le "chiuse" elementi tipici del paesaggio agrario. In queste chiuse è anche presente come pianta produttiva assieme ad altre specie "mediterranee" quali olivo, mandorlo, pistacchio. Oltre che per la produzione di frutti il ficodindia nel tempo è stato ed è utilizzata come pianta foraggera (cladodi per l’alimentazione del bestiame), medicinale (i decotti dei fiori svolgono una funzione diuretica) ed ornamentale.

Una peculiarità del ficodindia che, soprattutto sull’Etna, ne ha assicurato la sua valorizzazione produttiva è la attitudine ad assicurare una seconda fioritura a seguito della eliminazione dei primi fiori in giugno (scozzolatura) che conduce alla produzione di frutti (bastardoni) a maturazione invernale, di migliore pezzatura e di più apprezzate caratteristiche gustative rispetto a quelli (agostani) originati dai primi fiori.

La presenza dei frutti di ficodindia sui mercati diversi da quelli locali, a motivo della difficoltà di utilizzazione legata alla presenza di spine sull’epicarpo, è stata sempre episodica; di recente la accentuata richiesta di frutta esotica ha però determinato un notevole aumento della domanda di frutti ciò che ha favorito un completo rinnovamento della coltura. Da pianta utilizzata allo stato naturale o quasi, il ficodindia si è trasformata in una pianta coltivata a sesti regolari, su terreni sistemati ed irrigui, sottoposti a tecniche di produzione innovative.

Anche sull’Etna la coltura del ficodindia presenta oggi due volti: quello tradizionale delle "chiuse" o dei "sieponi" e quello degli impianti a sesto regolare, in irriguo, che comunque sono più rappresentati in ambienti diversi da quello etneo.

Ai bordi degli appezzamenti o nelle sciare di pietra lavica, il ficodindia rivela tutta la sua notevole capacità di adattamento a condizioni pedologiche, climatiche ed agronomiche marginali ed in particolare la sua resistenza alla siccità.

Il panorama varietale della coltura è limitato sostanzialmente a tre cultivar che differiscono per colorazione del frutto: gialla, bianca, rossa. La cultivar gialla è più interessante anche sotto il profilo della capacità produttiva, delle caratteristiche di qualità dei frutti, della rusticità, ma anche della buona adattabilità a schemi di coltivazione intensivi. Avuto riguardo alla qualità, i "fichidindia" della zona etnea sono molto apprezzati e ricercati sul mercato; in particolare la produzione del territorio di Belpasso sembra esprimere un profilo qualitativo più elevato rispetto a quello dei frutti ottenuti nei moderni impianti specializzati.