Nocciolo

Il territorio etneo offre un importante contributo alla nocciolicoltura siciliana, la quale è però più largamente diffusa in provincia di Messina sulle pendici dei Nebrodi. In relazione alle sue esigenze climatiche e pedologiche il nocciolo, sull’Etna è presente sul versante nord-orientale e sulle prime pendici settentrionali lungo le quali si spinge fino a quote prossime ai 1000 m, interessando terreni sciolti e freschi.

I tratti più singolari della pianta sono rappresentati dall’habitus cespuglioso determinato dall’elevato numero dei polloni che si dipartono dalla base del fusto, dalla presenza di fiori maschili e femminili separati sulla stessa pianta (monoica a sessi separati), dalla fioritura maschile anticipata rispetto a quella femminile (proterandria). La propagazione avviene per polloni che vengono fatti radicare e quindi destinati alla realizzazione di nuovi impianti, la cui durata si prolunga di norma per diversi decenni.

Il nocciolo, nel territorio etneo come in altre aree di diffusione, è stata considerata una specie priva di particolari esigenze, quasi selvatica, ciò che non ha favorito la qualificazione biologica ed agronomica della coltivazione. Sul piano biologico queste fanno ancora riferimento a tipi varietali non sufficientemente studiati nei tratti bio-agronomici della pianta e nelle caratteristiche dei frutti. Queste ultime vengono tuttavia considerate soddisfacenti sulla base dello standard europeo e nazionale; la uniformità del prodotto non appare però adeguata alle esigenze della utilizzazione industriale.

Le forme coltivate in Sicilia sono riconducibili alla varietà denominata "Siciliana" o "nostrale".

Il profilo agronomico della coltivazione si caratterizza per la forma di allevamento policaule, per la propagazione a mezzo di polloni, per la generalizzata raccolta manuale che costituisce la principale causa degli elevati costi di produzione e della scarsa redditività della coltura. Noccioleti monocauli ed irrigui hanno fatto di recente la loro comparsa e potrebbero contribuire, almeno in alcune condizioni, ad assicurare nuove prospettive di sviluppo per questa coltura.