Vite

Con circa 5000 ettari di superficie investita, la vite è tra le specie più caratterizzanti del paesaggio agrario etneo anche a motivo delle rilevanti opere di sistemazione e di trasformazione agraria che la sua coltivazione ha comportato. I segni di tale trasformazione, soprattutto lungo le fasce collinari dei versanti orientale e settentrionale, sono rappresentati dai tipici terrazzamenti, dai muretti di pietra lavica, dalle "torrette", dalla stessa presenza e dalle caratteristiche dell’edilizia rurale calibrata nell’ampiezza e nell’articolazione strutturale e funzionale alle esigenze della viticoltura; frequenti sono infatti gli edifici completi di palmenti e cantine. Alcune caratteristiche degli insediamenti abitativi sono anch’esse riconducibili alla diffusa presenza della vite.

La accidentata morfologia della superficie ha costituito un obiettivo ostacolo alla diffusione delle moderne tecnologie di produzione favorendo così il perpetuarsi sull’Etna dei tradizionali metodi di coltivazione. L’ampliamento e la regolarizzazione dei sesti di impianto, l’allevamento a spalliera in sostituzione del tradizionale alberello, la meccanizzazione delle operazioni colturali, le moderne tecniche di vinificazione, la valorizzazione commerciale del vino attraverso l’imbottigliamento, la qualificazione del prodotto attraverso i marchi di qualità ove assentiti, interessano solo una quota parte della viticoltura etnea. Questa presenta nell’insieme un volto tradizionale segnato dall’allevamento ad alberello, talora dalla promiscuità della coltura con specie arboree diverse, dalla vetustà e dalla disetaneità delle piante, dalle lavorazioni manuali, dalle basse rese, condizioni tutte che hanno già causato vistosi fenomeni di abbandono, con notevoli guasti ambientali, soprattutto nelle situazioni geomorfologiche più marginali e difficili. La conseguente riduzione delle superfici investite non ha motivazioni analoghe a quelle del dopoguerra allorquando la viticoltura, nelle zone litoranee, grazie alle accresciute disponibilità di acqua per l’irrigazione, è stata sostituita dall’agrumicoltura. Da queste zone, facenti capo alla antica contea di Mascali, prese nome una varietà, il "Nerello mascalese" che ancora oggi costituisce uno dei vitigni più utilizzati nella viticoltura etnea. Esso, anzi, assieme all’altrettanto noto Carricante bianco rientra tra quelli ammessi dal corrispondente disciplinare di produzione dei vini DOC dell’Etna (bianco, rosso e rosato). Accanto a queste due varietà propagate per innesto su ibridi Ruggeri si affiancano le altrettanto rinomate Insolia, Cataratto, Nerello cappuccio, Mennella bianca ed altre di recente costituzione.