IL DEPOSITO LACUSTRE A IPPOPOTAMI DI ACQUEDOLCI (MESSINA)

Ad Acquedolci, in un deposito lacustre pleistocenico, sono stati raccolte migliaia di resti di ippopotamo (Hippopotamus pentlandi Meyer) associati a scarsi resti di elefante (Elephas sp.), cervo (Cervus siciliae), orso (Ursus cf. arctos), lupo (Canis lupus), tartaruga terrestre (Testudo cf. hermanni), e uccelli .

Il deposito è ubicato sul margine interno di un terrazzo marino tardopleistocenico, alla base di un'alta scarpata che limita il massiccio carbonatico del Pizzo Castellaro, costituente parte delle estreme pendici settentrionali dei Monti Nebrodi. La scarpata subverticale forma il margine esterno di un terrazzo marino più vecchio, coperto, a sua volta, da depositi di ghiaie grossolane, che sono costituite da ciottoli di arenarie e di quarzareniti brune, provenienti dal Flysch di Monte Soro, (una delle unità costituenti il substrato pre-pleistocenico dei Monti Nebrodi ). Sulla scarpata si aprono il riparo Maria e, più a est, la grotta di S. Teodoro, nota dal 1860. Secondo vari autori essa contiene, al di sotto di un suolo d'abitato del Paleolitico superiore, argille e sabbie contenenti mammiferi fossili pleistocenici (Elephas mnaidriensis Adams, E. falconeri Busk, Cervus siciliae Pohlig, Crocuta crocuta spelaea Goldf., Ursus cf. arctos L., Canis lupus L., Canis vulpes L.)

I resti di ippopotamo affioranti alla base della scarpata erano già stati segnalati nella letteratura, ma il sito non era stato mai oggetto di scavi. A partire dal 1982 sono state indagate sette trincee (Trincee A, B, C, D, E , F , G) durante cinque campagne di scavo durate circa 33 settimane. Le sezioni delle trincee e le ricerche stratigrafiche condotte nell'area di Acquededolci hanno mostrato che il sito era occupato, durante il Pleistocene superiore, da un bacino lacustre esteso alla base della parete carbonatica, sul margine interno di una pianura costiera oggi in gran parte scomparsa per erosione. I dati raccolti ad Acquedolci hanno permesso per la prima volta una corretta ricostruzione ambientale dei ricchissimi depositi a ippopotamo estesi alla base di pareti rocciose carbonatiche di molti siti della Sicilia. Gli scarsi e frammentari resti di altri mammiferi, quali cervo, orso, lupo, appartengono ad animali che vivevano nei dintorni dell'antico bacino e i cui resti casualmente andavano a finire dentro di esso. Per la spettacolare abbondanza dei resti fossili del deposito lacustre di Acquedolci nelle aree più ricche, le ossa fossili sono stati lasciate in posto allo scopo di realizzare un Museo all'aperto. Datazioni geochimiche dello smalto dei denti di Hippopotamus pentlandi hanno fornito un'età di 200.000 ± 40.000 da oggi. I caratteri litologici e tafonomici osservati nel deposito di Acquedolci hanno fornito i dati per la ricostruzione dell'ambiente di deposito.

Caratteri litologici

Il deposito comprende due tipi di clasti immersi in una matrice siltoso-argillosa: il primo tipo è costituito dai frammenti di calcare caduti dal massiccio carbonatico del Pizzo Castellaro; il secondo tipo è rappresentato da ciottoli di dimensioni variabili, provenienti dalla copertura sedimentaria del terrazzo più antico, intagliato sul Pizzo Castellaro. La frazione ghiaiosa più grossolana è prevalente alla base della scarpata. Nella porzione più distante da essa il sedimento è costituito da silt sottilmente stratificato, tipico di un bacino lacustre. I resti di ippopotamo, specie continentale che vive prevalentemente in ambiente di acque a scarsa energia, sono abbondantissimi in ambedue le facies. Il deposito lacustre aveva all'origine uno spessore di almeno 14 metri. Al di sotto di esso sono state riconosciute tre unità litologiche, attribuite a un deposito di spiaggia e a depositi di pendio, precedenti la formazione del bacino lacustre. Al di sopra del deposito lacustre tre successive unità indicano che il bacino, dopo un intervallo di tempo attualmente non definibile, si è prosciugato ed è stato eroso da un successivo ciclo erosivo, attribuito al Tirreniano.

Caratteri tafonomici

I parametri tafonomici, come la distribuzione spaziale, il grado di articolazione, l'orientazione, le modificazioni precedenti la fossilizzazione e la composizione delle ossa fossili permettono di riconoscere i processi biologici e sedimentologici che hanno condotto alla formazione dei depositi fossiliferi e a ricostruire il paleoambiente. Ad Acquedolci le ossa fossili sono densamente distribuiti su tutto lo spessore del deposito e comprendono elementi scheletrici di tutte le dimensioni (crani, mandibole, scapole, coxali, vertebre, costole, arti, metapodiali, falangi). Non vi è traccia di selezione dovuta a trasporto. Molti elementi fragili e delicati appartenenti a individui giovanili e infantili sono associati a quelli più robusti degli adulti. L'alta densità dell'accumulo dei resti di ippopotamo impedisce di riconoscere scheletri completi; tuttavia alcuni elementi vicini (una serie di vertebre lombari, un cranio vicino a una mandibola della stessa età, un femore destro affiancato a un femore sinistro della stessa dimensione, epifisi non ancora saldate di individui giovanili associati alle loro diafisi) indicano che l'accumulo si è formato dal deposito di successivi frammenti di carcasse galleggianti.

Le ossa non sono usurate e non presentano altra traccia di fluitazione. Nella porzione siltosa le ossa sono variamente orientate e disposte orizzontalmente; nella porzione ghiaiosa riempiono gli spazi compresi tra i detriti. La mancanza di orientamento indica che gli elementi scheletrici non sono stati trasportati da correnti: la loro disposizione deriva solo dalle differenti condizioni del fondo. Nella porzione ghiaiosa le ossa di maggiori dimensioni sono profondamente fratturate, a causa della caduta dei grossi detriti dalla adiacente parete rocciosa. Nella porzione siltosa sono deformate. Infine la composizione delle parti scheletriche riflette le proporzioni delle diverse ossa in un intero scheletro di ippopotamo, confermando che non vi è stata selezione per trasporto. Tutti gli elementi esposti indicano che i resti ossei di Acquedolci si sono depositati al fondo di un bacino, lo stesso dove una popolazione di ippopotami ha vissuto per un intervallo di tempo attualmente non definibile.

Paleontologia

L'associazione faunistica del bacino di Acquedolci comprende alcune specie appartenenti al complesso faunistico che ha abitato la Sicilia dal tardo Pleistocene medio al Pleistocene superiore. Secondo la letteratura l'ippopotamo siciliano Hippopotamus pentlandi discende dalla specie continentale Hippopotamus amphibius o dalla specie Hippopotamus antiquus. Gli studi in corso sui reperti di Acquedolci sembrano confermare questa seconda ipotesi.


Foto e Didascalie
Foto 1 - Pendici settentrionali del massiccio di Pizzo Castellaro su cui si aprono la grotta di S. Teodoro ( a sinistra) e il riparo Maria ( a destra). Il deposito a ippopotami pleistocenci si estende davanti alla parete, dalla grotta di S. Teodoro al Riparo Maria.
Foto 2 - La trincea F, alla fine dello scavo. E' visibile la porzione ghiaiosa del deposito e, sul fondo a sinistra, un accumulo di ossa sovrastanti una piattaforma di abrasione marina precedente il deposito lacustre. La trincea ha una profonditò di m 5. 50 e una larghezza di due metri
Foto 3 - Le trincee B e D ricchissime di resti scheletrici, lasciati in posto per la sistemazione del museo all'aperto.
Foto 4 - Porzione siltosa del deposito lacustre contenente due femori, destro e sinistro, di Hippopotamus pentlandi. La scala è di 10 cm.
Foto 5 - Porzione ghiaiosa del deposito, ricchissima di resti scheletrici di Hippopotamus pentland. La scala è di 10 cm.


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