Le Palme, definite da Linneo "Principes plantarum" per il loro maestoso portamento e per la folta corona di foglie, sono una delle maggiori famiglie di Angiosperme Monocotiledoni e comprendono circa 2.500 specie, riunite in 215 generi. Possono essere anche chiamate Arecaceae, in base alle regole di nomenclatura scientifica che vogliono il nome della famiglia derivato da quello del genere più rappresentativo (in questo caso il genere Areca).
Arecaceae (Palmae)
La famiglia delle Arecaceae è un grande gruppo che riunisce circa 2500 specie arboree distribuite nelle regioni equatoriali, tropicali e subtropicali del globo, dove costituiscono un elemento molto caratteristico del paesaggio.
Le principali aree geografiche che hanno avuto il ruolo di centri di differenziazione sono le coste equatoriali dell'Africa, la regione Indomalese, le Isole della Sonda, l'Oceania, la costa del Brasile, l'Amazzonia e le Antille.
È nel Cretaceo che questo gruppo ha avuto la sua massima diffusione e differenziazione, lasciando numerosi resti fossili di tronchi e foglie.
L'habitus delle palme è molto tipico, in quanto esse sono caratterizzate da un lungo fusto (fino a 80 metri in Cocos), non ramificato o, raramente, dicotomo (Hyphaene), e di diametro costante dal basso verso l'alto, che all'apice porta una rosetta di grandi foglie coriacee, palmate o pennate, lunghe fino a qualche metro. Il fusto si può mantenere anche molto sottile e in tal caso diviene strisciante (Calamus), o può essere brevissimo nelle specie acauli (Phoenix acaulis).
Un'altra peculiare caratteristica della famiglia risiede nel fatto che il fusto raggiunge il suo diametro definitivo prima che inizi il suo accrescimento in altezza; le palme, infatti, mancano di un accrescimento secondario.
Le infiorescenze sono a spadice, circondate inizialmente da una spata o da guaine fogliari che si aprono durante l'antesi.
I fiori sono solitamente unisessuali e derivano da fiori ermafroditi per aborto; nelle specie monoiche i fiori maschili sono all'apice dell'infiorescenza e quelli femminili alla base; la proterandria garantisce la fecondazione incrociata. I fiori sono per lo più pentaciclici trimeri.
Il perigonio è formato da 2 verticilli di 3 tepali generalmente membranosi; l'androceo, nei fiori maschili, consta di 2 verticilli di 3 stami, schema dal quale, però, si distaccano alcuni taxa, con 3-9-molti stami; i fiori femminili possiedono un ovario supero 3-1 loculare, formato da 3 carpelli liberi o saldati, ciascuno con un solo ovulo. La formula più rappresentativa della struttura fiorale della famiglia è la seguente:
P 3+3, A 3+3 G 3
Il frutto può essere una bacca (Phoenix) o una drupa (Cocos). Solitamente una sola loggia fecondata continua lo sviluppo, mentre le altre regrediscono, cosicché il frutto contiene un solo seme. L'impollinazione è prevalentemente anemogama e, allo scopo, la pianta produce una grande quantità di polline. Vi sono anche alcune specie entomogame, nelle quali la spata può emanare profumo per attirare i pronubi. Si distinguono specie monocarpiche, con le infiorescenze sull'asse in posizione terminale, che vivono un certo numero di anni senza riprodursi e che muoiono subito dopo la fioritura (Corypha) e specie policarpiche, con infiorescenze ascellari e capaci di fiorire molte volte.
La famiglia è tradizionalmente suddivisa in varie sottofamiglie: a) Phytelephasieae, con fiori senza perianzio, numero elevato di stami nei fiori maschili e fiori femminili con ovario multiloculare (4-9 logge), infruttescenze (Phytelephas); b)Coryphoideae, con caratteri fiorali tipici della famiglia, carpelli liberi, frutto a bacca, foglie pennate o a ventaglio (Phoenix, Chamaerops, Trachycarpus, Livistona, Sabal, Washingtonia; c) Borassoideae, con foglie a ventaglio, perianzio tipico della famiglia, ovario sincarpico (Hyphaene, Borassus, Lodoicea); d) Lepidocaryoideae, con ovario sincarpico e frutti coperti di scaglie embriciate (Raphia, Metroxylon, Calamus); e) Ceroxyloideae, con ovario sincarpico e foglie pennate (Arenga, Ceroxylon, Areca, Cocos); f) Nipoideae, fiori maschili con 3 stami connati, ovario uniloculare (Nipa).
Le Arecaceae comprendono piante molto importanti per l'economia umana. In particolare, dalla palma da cocco, Cocos nucifera, diffusa lungo le coste marine equatoriali del Vecchio Mondo, si ricavano una moltitudine di sostanze alimentari; infatti, dalla drupa, detta noce di cocco, con la cavità dell'endocarpo occupata da un enorme albume e da un liquido detto latte, si ricavano grassi, olio, vino, latte di cocco. Le gemme, inoltre vengono utilizzate come verdura, e il tronco viene adoperato come legname. Grande importanza ha anche Phoenix dactylifera, la palma da dattero, soprattutto nell'economia dei paesi maghrebini, che produce grandi quantità di frutti (bacche). Molte specie vengono, poi, impiegate per la produzione di fibre vegetali (Sabal, Chamaerops, Trachycarpus, Borassus, ecc.), altre, con endosperma corneo, per la produzione del cosiddetto avorio vegetale (Phytelephas macrocarpa).
Moltissime palme vengono anche impiegate, nelle nostre regioni a clima più mite, per la realizzazione di alberature in parchi, giardini, piazze e viali. Tra le più utilizzate a questo scopo si ricordano Phoenix canariensis, P. dactylifera, Washingtonia filifera, W. robusta, Syagrus romanzoffiana, Trachycarpus fortunei, ecc.
Allo stato spontaneo in Italia è presente unicamente Chamaerops humilis, specie di non grandi dimensioni, frequente lungo le coste del Meridione e delle Isole maggiori, dove si insedia in aree costiere, partecipando alla costituzione di aspetti di macchia termo-xerofila dell'Oleo-Ceratonion.
Licuala grandis
Rhapis flabelliformis
Washingtonia robusta
Trithrinax campestris
Erythea armata
Sabal blackburniana
Copernicia alba
Livistona australis
Chamaerops humilis
Trachycarpus fortunei
Licuala grandis
Caryota urens
Calamus longipinna
Archontophoenix alexandrae
Syagrus romanzoffiana
Elaeis guineensis
Chamaedorea seifrizii
Howea forsteriana
Cocos nucifera
Butia eriospatha
Jubaea chilensis
Phoenix canariensis
Arenga engleri
Le Palme sono diffuse principalmente nelle regioni tropicali e subtropicali sia del Vecchio che del Nuovo Mondo; solo alcune crescono nelle regioni temperate settentrionali.
Le regioni più ricche sono l'America tropicale, soprattutto l'Amazzonia, e le Indie orientali; più povere sono l'Africa e l'Asia continentale, mentre la Polinesia vanta numerosi generi esclusivi.
L'Europa, ricca di Palme durante l'Era Terziaria, ospita attualmente due sole specie spontanee, Phoenixtheophrasti, endemica dell'isola di Creta e Chamaerops humilis distribuita nel bacino occidentale del Mediterraneo, presente anche in Italia con carattere di relitto.
Il portamento più comune e più noto delle Palme è quello legnoso arboreo, con un tronco singolo, non ramificato, che porta all'apice una corona di foglie.
In realtà esistono anche Palme acauli, con tronco ridottissimo, o cespugliose, con tronchi multipli, o, ancora, rampicanti.
Il fusto (o stipite), alto fino a 50 m, di norma non si ramifica, con la sola eccezione di Hyphaene thebaica in cui i rami si biforcano ripetutamente.
Esso ha un diametro variabile e il suo accrescimento in spessore avviene molto precocemente, prima di svilupparsi in altezza.
Nelle Palme acauli il tronco non si accresce ma resta tozzo o addirittura strisciante e rizomatoso.
Il fusto può essere completamente liscio o munito di spine, oppure segnato dalle cicatrici delle foglie cadute o, ancora, avvolto in modo più o meno compatto dai resti delle guaine fogliari.
Le foglie, nelle specie arboree, sono poste in una fitta spirale alla sommità del fusto a formare una chioma apicale; nelle specie arbustive e rampicanti hanno invece una disposizione alterna lungo il fusto. Le dimensioni sono variabili, da alcuni decimetri in Chamaedorea a 8-10 m in Roystonea, fino ad un massimo di 19-22 m in Raphia taedigera. Il loro grande sviluppo comporta una notevole elasticità del fusto e robustezza delle radici, soprattutto per resistere al vento.
Sono costituite da un robusto picciolo, detto rachide, di consistenza legnosa, talora spinescente, la cui base inguaina il fusto, formando in alcuni casi (es. Archontophoenix) una colonna cilindrica detta corona, e da una lamina, inizialmente intera, poi suddivisa in segmenti rigidi e parallelinervi, detti pinne.
E' possibile distinguere:
Le pinne, che presentano una o parecchie pieghe, possono essere lineari, a spina di pesce, acute o mozze, le inferiori spesso trasformate in spine.
L'inserzione delle pinne sul rachide è fondamentalmente di due tipi:
Le infiorescenze sono grandi e ramificate, solitamente costituite da pannocchie racemose o da spighe, talora spadiciformi, avvolte e protette da una o più brattee, dette spate, di consistenza coriacea o legnosa, che, con l'accrescersi dell'infiorescenza, restano localizzate nella parte basale.
Le infiorescenze si sviluppano solitamente tra le foglie, talvolta al di sotto o al di sopra di esse; possono essere isolate o multiple. In alcune Palme rampicanti, come Calamus, l'infiorescenza può trasformarsi in un organo allungato, simile ad una sferza, fornito di spine ricurve verso il basso che viene detto flagello e che ha la funzione di favorire l'ancoraggio della pianta.
I fiori sono piccoli, regolari, sessili o peduncolati, sullo stesso peduncolo solitari o in gruppo, solitamente poco appariscenti, di colore giallo-verdastro.
Presentano un perigonio costituito da due verticilli trimeri di tepali, oppure un perianzio con calice e corolla. Essi possono essere unisessuali, sullo stesso individuo (piante monoiche) o su individui diversi (piante dioiche), oppure bisessuali; alcune specie portano sulla stessa pianta sia fiori unisessuali che bisessuali (piante poligame).
In genere i fiori femminili sono più grandi e meno numerosi di quelli maschili, che sono piccoli e copiosi.
Gli stami sono 6, disposti in due verticilli di 3, con antere biloculari. L'ovario è apocarpico, formato da 3 carpelli liberi, oppure sincarpico, con i 3 carpelli saldati; lo stilo è solitamente trifido all'apice oppure termina con 3 stimmi sessili.
L'impollinazione è anemogama o entomogama.
I frutti sono delle drupe o delle bacche, estremamente variabili nella forma e nelle dimensioni, in cui la parte più consistente è rappresentata dal mesocarpo che può essere polposo, oppure secco e fibroso; l'epicarpo è liscio o rugoso, a volte provvisto di scanalature o ricoperto di scaglie o spine; l'endocarpo è di consistenza membranacea oppure legnosa.
Le Palme, all'interno del loro areale geografico, vivono negli ambienti più diversi, dalle foreste tropicali, alle paludi di Mangrovie, dai boschi d'alta montagna ai deserti, e diversi sono i fattori climatici che influenzano il loro sviluppo.
I più importanti da considerare sono la temperatura, l'umidità dell'aria, la disponibilità di acqua, la luce, il tipo di substrato.
Nelle regioni a clima tropicale e subtropicale, dove temperatura e umidità atmosferica sono assai elevate, le palme rappresentano una componente importante e cospicua della vegetazione.
Cocos nucifera L.
Area di origine e zone di coltivazione - Nativa delle regioni tropicali dell'Oriente, è oggi coltivata sia nel continente asiatico (India, Ceylon, Indonesia) che in America centrale e meridionale (Messico, Brasile); in Africa i paesi maggiori produttori sono Mozambico, Tanzania, Ghana.
Etimologia - Il nome Cocos deriva probabilmente da un termine portoghese che significa scimmia, forse per la somiglianza della noce, con i suoi tre pori germinativi, ad un muso di scimmia. Il nome specifico nucifera deriva dal latino, con il significato di portatore di noci ( da fero = io porto e nux-nucis = noce).
Descrizione botanica - La Palma da cocco è una pianta molto longeva, che può arrivare ad oltre 100 anni di vita; ha un tronco unico, alto 20-30 m, con corteccia levigata e grigia, segnato dalle cicatrici anulari delle vecchie foglie.
Le foglie, lunghe da 4 a 6 m, sono pennate, composte da foglioline lineari-lanceolate, più o meno ricurve, rigide, di color verde brillante.
Le infiorescenze, che nascono all'ascella delle foglie, avvolte da una spata carenata, sono degli spadici ramificati in cui i fiori femminili sono disposti alla base e quelli maschili in alto.
I fiori hanno petali lanceolati, 6 stami e ovario formato da 3 carpelli saldati.
L'impollinazione è incrociata, di tipo anemofilo o entomofilo.
Il frutto, grosso quanto una testa d'uomo e pesante 1-2 kg, è una drupa con epicarpo sottile, liscio e di colore grigio-brunastro, mesocarpo fibroso, spesso 4-8 cm ed endocarpo legnoso; essendo leggero esso può essere trasportato dal mare a grandi distanze e mantiene a lungo la sua germinabilità.
All'interno è contenuto un unico seme, ricco di sostanze di riserva localizzate nell'endosperma che è in parte liquido (latte di cocco) e in parte solido (polpa).
Al momento della germinazione dell'embrione, la radichetta fuoriesce da uno dei tre poli germinativi visibili anche dall'esterno.
Ecologia - La Palma da cocco cresce bene su terreni sabbiosi, salini; richiede luce abbondante e piogge regolari nel corso dell'anno.
Usi - La Palma da cocco è probabilmente la palma più coltivata al mondo. Le noci di cocco rappresentano una delle principali fonti di reddito per i paesi produttori poichè da esse si ricavano un'infinità di prodotti utilizzati e apprezzati anche nei paesi occidentali.
Anche altre parti della pianta sono comunque usate, come le foglie, con cui si realizzano cesti, coperture di tetti, ecc., o le gemme terminali della pianta ormai adulta che costituiscono un ottimo cavolo-palmizio, o ancora la linfa zuccherina che viene fatta sgorgare con opportuni tagli da alcune infiorescenze e dalla quale si ricava una bevanda alcolica nota come Toddy o vino di palma.
La noce di cocco viene utilizzata per intero, come frutto o nelle sue parti: le fibre del mesocarpo, il latte, la mandorla o polpa, il guscio.
Phoenix dactylifera L.
Questa palma, nota sin dall'antichità, era considerata dagli Egizi simbolo di fertilità, raffigurata dai Cartaginesi nelle monete e nei monumenti e utilizzata da Greci e Latini come ornamento per celebrazioni trionfali. Nella tradizione cristiana, le foglie rappresentano un simbolo di pace e ricordano l'entrata di Gesù in Gerusalemme.
Etimologia - Il termine generico è un antico nome già citato da Teofrasto, con cui i Greci chiamavano le piante di questo genere; esso deriva da phoenix = fenicio perché sarebbero stati proprio i Fenici a diffondere queste piante. Il termine specifico è composto da dactylus = dattero (dal greco dactylos) e fero = io porto, cioè portatrice di datteri.
Descrizione botanica - Imponente palma con tronco molto slanciato, alto fino a 30 m, vistosamente coperto dai resti delle guaine delle foglie cadute. Le foglie, riunite in un numero massimo di 20-30 a formare una rada corona apicale, sono pennate, lunghe fino a 6 m, le superiori ascendenti, le basali ricurve verso il basso, con segmenti coriacei, lineari, rigidi e pungenti, di colore verde-glauco.
I fiori, unisessuali su piante dioiche, sono piccoli, di colore biancastro, fragranti, riuniti in spadici ascellari lunghi fino a 120 cm e fortemente ricurvi per il peso dei frutti. Questi, comunemente noti come datteri, sono bacche oblunghe, di colore arancione scuro a maturità, lunghe fino a 5 cm nelle varietà coltivate, con polpa zuccherina, contenenti un seme di consistenza legnosa.
Area d'origine e zone di coltivazione - La Palma da datteri, originaria del Nord Africa, è qui ampiamente coltivata oltre che in Arabia e fino al Golfo Persico, dove forma la caratteristica vegetazione delle oasi. Si coltiva inoltre nelle Canarie, nel Mediterraneo settentrionale e nella parte meridionale degli Stati Uniti.
Coltivazione - E' una pianta sensibile al freddo, cresce bene su terreni di qualsiasi natura, purchè fertili e ben drenati; nelle regioni a clima mite, si coltiva all'aperto in posizioni soleggiate e viene utilizzata soprattutto come pianta ornamentale per il portamento slanciato ed il fogliame. Perchè i frutti giungano a completa maturazione sono, tuttavia, richieste temperature piuttosto elevate (40°C) e notevole disponibilità di acqua, che in coltura viene fornita anche per irrigazione.
Si moltiplica per polloni o per semina in primavera.
Usi - I datteri, per il loro elevato contenuto zuccherino, costituiscono un alimento fondamentale per le popolazioni del Nord Africa, Arabia, Persia, dove centinaia di varietà vengono coltivate per scopo commerciale.
Calamus rotang L.
Etimologia - Il termine generico deriva dal greco calamos = canna, in riferimento ai fusti sottili simili alle canne di bambù. Il termine specifico è il nome indigeno usato per indicare il materiale ricavato dai fusti (rattan).
Area d'origine - Asia sud-orientale
Descrizione botanica - Palma rampicante con fusto sottile di diametro variabile da pochi millimetri a qualche centimetro, flessibile, talora più o meno spinoso. Le foglie sono pennate, alterne ad intervalli regolari lungo il fusto, lunghe 60-80 cm, formate da segmenti lineari-lanceolati, di 15-30 cm, provvisti di due file di spine nella pagina superiore. La guaina e il sottile picciolo sono armati di spine biancastre che fungono da organi di sostegno e di ancoraggio. I fiori, unisessuali su piante dioiche, sono riuniti in vistose infiorescenze ramificate, avvolte da una spata spinosa. In altre specie (es. Calamus ciliaris) alcune infiorescenze sono sterili e formano una sorta di fruste spinose con le quali la pianta facilmente si arrampica sugli alberi vicini. I frutti sono rotondeggianti, interamente ricoperti da squame di colore rosso-bruno, lucide.
Usi - I fusti sottili e cilindrici, opportunamente lavorati, costituiscono il noto rattan, un materiale pregiato e costoso, molto apprezzato per la fabbricazione di mobili, bastoni, ombrelli e per lavori di intreccio. Prodotti simili sono, tuttavia, frequentemente realizzati con fusti di numerose altre piante, per lo più Graminacee (soprattutto il bambù), Juncacee (giunchi) o, ancora, con i rami giovani e sottili dei Salici (vìmini).
Raphia farinifera (Gaertn.) Hyl.
[=Raphia ruffia (Jacq.) Mart.]
Etimologia - Il termine generico deriva dal greco raphis = ago, aculeo, in riferimento ai frutti appuntiti. Il termine specifico allude alla farina ricavata dal midollo del fusto, particolarmente ricco di amido.
Area di origine - Originaria del Madagascar, si rinviene anche lungo le coste orientali dell'Africa in ambienti palustri boscosi o lungo le sponde dei fiumi.
Descrizione botanica - Palma molto particolare, pollonifera, caratterizzata da fusti multipli, alti da 2 a 9 m, coperti nella parte superiore dai resti delle basi fogliari frammiste a lunghe fibre scure.
Le foglie, le più grandi fra le Palme, sono pennate, lunghe 9-10 m, talora fino a 20 m, erette, ricurve solo all'apice, portate alla sommità del fusto da piccioli rigidi e larghi con margine spinoso soprattutto alla base; hanno segmenti lineari-lanceolati, fortemente appuntiti, lunghi 1-2 m, gli inferiori sottili e molto spinosi, i centrali più larghi e meno spinosi, gli apicali brevi e quasi del tutto privi di spine.
I fiori, unisessuali su piante monoiche, compaiono un'unica volta in esemplari di 40-50 anni di età, riuniti in infiorescenze terminali, fortemente ramificate, che recano in alto numerosi fiori maschili, ciascuno all'ascella di una brattea bicarenata, mentre in basso portano i fiori femminili, anch'essi sottesi da una brattea.
I frutti sono grandi, ovoidei, di grossezza pari a uova di gallina, appuntiti e coperti da squame embricate, dure, lucide, di colore bruno-rossastro.
Questa specie, come le altre del genere Raphia, è monocarpica, poichè fiorisce e fruttifica una sola volta, quindi il fusto dissecca e muore, ma la pianta continua a vivere grazie alla formazione di nuovi polloni.
Usi - Nei luoghi di origine, le foglie vengono utilizzate per la produzione della rafia, una fibra ampiamente utilizzata soprattutto in floricoltura e in orticoltura, in qualità di legacci molto resistenti, ma anche per svariati lavori di intreccio (stuoie, cestini, cappelli, ecc.)
I piccioli fogliari, robusti ma molto flessibili ed elastici, sono impiegati al posto del bambù per costruire abitazioni e mobili di vario tipo.
Dal midollo del fusto, che prima della fioritura è particolarmente ricco di amido, si estrae il sago, una farina alimentare.
Infine, i segmenti fogliari ancora chiusi contengono una sostanza cerosa, usata dalle popolazioni locali per preparare cere per pavimenti e lucidi da scarpe.
Elaeis guineensis Jacq.
Etimologia - Il termine generico deriva dal greco elaia = oliva, per i frutti ricchi di oli. Il termine specifico allude all'area di origine della specie.
Area di origine - Foreste pluviali della Guinea (Africa occidentale).
Descrizione botanica - Elegante palma simile al Cocco (Cocos nucifera), con fusto eretto, alto 25-30 m in natura, 10-15 m in coltivazione, fortemente anulato, ma privo di spine. Le foglie sono pennate, lunghe 4-5 m, con 50-60 segmenti lanceolati, appuntiti, e picciolo lungo fino a 1 m, spinoso-dentato sui bordi. I fiori, unisessuali su piante monoiche, sono riuniti in brevi infiorescenze che compaiono tra le foglie, formando gruppi densi e compatti. I frutti si formano precocemente, già in esemplari di appena 3 anni, sono carnosi, simili a piccole prugne, lunghi 2-3 cm, oblungo-ovoidi, di colore rossastro, riuniti in grossi grappoli, detti règimi, del peso di 3-15 Kg.
Usi - I frutti e i semi di Elaeis guineensis forniscono un olio vegetale pregiato, largamente usato a scopi alimentari, cosmetici e industriali. Per tale motivo questa palma viene ampiamente coltivata non solo in Africa, nei luoghi di origine, ma anche in altri paesi, come le Antille, il Sud America, la Malesia, l'Indocina, ecc., dove forma estese piantagioni.
L'olio di migliore qualità, noto commercialmente come olio di palmisti, si ricava dai semi, preventivamente sgusciati e macinati, quindi sottoposti a spremitura a caldo; raramente esso si estrae con solventi chimici. Il contenuto di olio per seme varia dal 43 al 51%.
Dal punto di vista chimico ed organolettico, quest'olio è molto simile a quello di cocco, dal quale differisce per il maggior contenuto di acido oleico; ha consistenza solida e burrosa al di sotto dei 20°C, colore bianco-giallognolo, sapore gradevole ed emana un odore simile al cocco.
L'olio di palmisti possiede un grado di acidità variabile, in genere non superiore al 15%, e viene utilizzato soprattutto a fini alimentari, come margarina o burro vegetale o sotto forma di olio parzialmente idrogenato; per tali scopi esso viene opportunamente raffinato e decolorato.
Un olio a maggior grado di acidità, quindi qualitativamente meno pregiato, si ricava dalla polpa fibrosa dei frutti, previa spremitura a caldo. Quest'olio, il cui contenuto varia dal 40 al 70 % per frutto, viene adoperato soprattutto nella preparazione di saponi e cosmetici o, a livello industriale, come lubrificante.
Orbignya speciosa Barb. Rodr.
Etimologia - Il termine generico è dedicato al naturalista francese A. D. d'Orbigny, vissuto nell'Ottocento. Il termine specifico in latino significa "magnifica, di bell'aspetto" e fa riferimento al portamento elegante della pianta.
Area d'origine - Brasile.
Descrizione botanica - Imponente palma con tronco eretto, alto fino a 20 m e largo 30-40 cm, che porta alla sommità una densa corona di foglie pennate, eretto-patenti, formate da segmenti lineari-lanceolati. I fiori, unisessuali su piante monoiche, sono riuniti in infiorescenze pendule, poco ramificate, lunghe fino a 1,5 m. I frutti sono simili a piccole noci di cocco di circa 6 cm, ovato-oblunghi, appuntiti, prodotti in grandissime quantità (fino a 800-1000 frutti per ciascuna infiorescenza).
Usi - I semi forniscono un olio commercialmente noto come olio di babassu. Per estrarlo, i semi, raccolti in natura, vengono macinati e sottoposti a spremitura in presse idrauliche oppure trattati con solventi chimici.
L'olio, il cui contenuto per seme varia dal 60 al 70%, è trasparente, emana un odore simile alle noci e diventa liquido a 20-30°C, altrimenti ha una consistenza cremosa.
L'olio di babassu viene ampiamente utilizzato soprattutto per la preparazione di cosmetici (oli e creme per il corpo e per capelli, saponi, ecc.) poichè non unge ed ha forti proprietà ammorbidenti; viene anche impiegato a scopi alimentari per la produzione di margarine, come lubrificante e, talora, come componente dei carburanti per motori diesel.
Copernicia cerifera Mart.
Etimologia - Il termine generico è dedicato al noto astronomo polacco N. Copernico. Il termine specifico fa chiaramente riferimento alla caratteristica di produrre cera.
Area d'origine - Brasile nord-orientale.
Descrizione botanica - Palma con tronco singolo, eretto, alto 10-12 m, coperto dai resti delle guaine fogliari. Le foglie, portate da un picciolo eretto, sono palmate, del diametro di 1,2-1,5 m, suddivise fino a metà in circa 60 segmenti fortemente appuntiti, di colore verde brillante e coperti da una sostanza cerosa. I fiori sono raccolti in infiorescenze a grappolo ramificate, lunghe quanto le foglie. I frutti, rotondeggianti, sono di colore brunastro.
Usi - Dalle foglie di questa palma si ricava la pregiatissima cera carnauba, il cui nome proviene da una popolazione indigena del Brasile, dove la pianta cresce spontanea.
Le foglie vengono raccolte durante la stagione arida, quando sono ancora chiuse e avvolte da un sottile strato di cera. Questa viene asportata, setacciata, quindi fusa e messa in commercio sotto forma di pani duri e fragili, di colore variabile dal grigio-verdastro al giallo pallido o eventualmente biancastri previa decolorazione della cera.
Ogni pianta produce un centinaio di foglie e da ciascuna di esse si ricavano circa 7 Kg di cera.
La cera carnauba è la più dura cera vegetale conosciuta; è scarsamente solubile a freddo e viene principalmente utilizzata per innalzare il punto di fusione delle altre cere.
Per le sue ottime caratteristiche fisiche, essa trova largo impiego in diversi settori. Grazie alla durezza e alla maggiore durata della brillantezza, è apprezzata soprattutto come costituente di cere per pavimenti, ma anche cere per mobili e per carrozzerie, lucidi da scarpe, inchiostri per carta carbone. Viene anche adoperata per rifinire e lucidare cuoio, tele cerate, saponi, nella fabbricazione di matite e pastelli e per indurire le candele.
Le qualità migliori, prive di impurità (sabbia, terriccio, ecc.), si usano nell'industria cosmetica per preparare rossetti, cere depilatorie, stick deodoranti, di cui aumentano la consistenza.
Caryota urens L. (Palma kithul)
Etimologia - Il nome del genere deriva dal greco 'karyotis' = dattero, usato da Dioscoride per indicare la palma da datteri. Il termine specifico, dal latino 'urere' = disseccare, fa riferimento alla caratteristica biologica di questo genere di morire subito dopo la fioritura e fruttificazione.
Area d'origine - India, Malesia.
Descrizione botanica - Palma monocarpica con fusto eretto, singolo, alto fino a 30 m, con cicatrici anulari lasciate dalle foglie cadute. Il fusto raggiunge la massima altezza prima della fioritura. Le foglie sono lunghe da 3 a 6 m, bipennate, con foglioline cuneate, a margine dentato, che ricordano la coda di un pesce, delle dimensioni di 10-20 x 9-10 cm e di colore verde scuro. I fiori sono unisessuali su piante monoiche, alternati in infiorescenze ramificate, apicali, avvolte da due spate carenate e fibrose ai margini. Il frutto, della dimensioni di una ciliegia, è rotondeggiante e rossastro.
Arenga saccharifera Labill.
Etimologia - Il termine generico deriva dal nome giavanese aren di questa pianta. Il termine specifico, dal latino saccharum e dal greco saccharon, deriva dal sanscrito sarkara usato per indicare lo zucchero.
Area d'origine - Malesia.
Descrizione botanica - Presenta un tronco alto 7-12 m, fittamente ricoperto dalle basi fogliari che formano un mantello di fibre nere, prolungate in lunghe spine sporgenti. Le foglie sono grandi, erette, pennate, di colore verde scuro superiormente e biancastre sulla pagina inferiore. L'infiorescenza, portata da un asse lungo 2-3 m, è costituita da fiori maschili e femminili (palma monoica). I frutti, globosi e brunastri, sono fortemente irritanti al contatto con la pelle.
Usi - Nei paesi di origine o nelle zone dove questa palma si coltiva, dalla linfa si estrae lo zucchero che è di una certa valenza economica. Lo zucchero greggio (jaggery, gur) ha colore bruno e sapore gradevole e contiene il 50-75 % di saccarosio. Può anche essere purificato, ottenendo dei prodotti raffinati (akrah, dobarrah) in cui la percentuale di saccarosio è molto più elevata (fino al 98%). Spesso da questa linfa zuccherina, per fermentazione, si ottiene un vino, comunemente noto come toddy, ed anche un distillato detto arrack.
Areca catechu L.
Etimologia - Il termine generico deriva dal vocabolo tamil areec, nome comune indigeno di queste piante, divenuto in portoghese areca. Il termine specifico è il nome indigeno che indica una droga con forti proprietà astringenti, estratta dal legno dell'Acacia catechu (fam. Leguminosae), spesso aggiunta ai semi di questa palma nella preparazione del betel masticatorio.
Area d'origine - Indie orientali, Malesia.
Descrizione botanica - E' una palma provvista di un fusto solitario e sottile, alto fino a 30 m e largo circa 20 cm, inizialmente verde, poi grigiastro e anulato dai resti delle cicatrici fogliari. Le foglie, portate alla sommità del fusto, sono pennate, con rachide rigido, ma arcuato e numerosi segmenti, rigidi e fittamente ravvicinati. I fiori, profumati e di colore giallo, sono unisessuali, riuniti in infiorescenze che si sviluppano alla base delle foglie, avvolte da due spate; i maschili, più numerosi, si localizzano all'apice dell'infiorescenza, mentre i femminili, in minore quantità, si riscontrano verso la base. I frutti sono duri, di colore rosso-arancio, ovoidali, hanno un mesocarpo fibroso e un endocarpo sottile e legnoso che avvolge un unico seme.
Usi - I semi di questa palma, erroneamente noti come noci di betel, sono ampiamente utilizzati, soprattutto nell'Asia sud-orientale, come masticatorio per le proprietà stimolanti, digestive e cardiotoniche, dovute alla presenza di tannini e sostanze alcaloidi.
Per tali motivi questa palma viene largamente coltivata, formando estese piantagioni, in molte regioni tropicali, non solo asiatiche, dal Pakistan e l'India alla Malesia, fino alle isole meridionali del Pacifico e pure in Africa.
L'apice vegetativo, inoltre, dal sapore amarognolo, viene sovente consumato come cavolo palmizio.
Phytelephas macrocarpa Ruiz & Pav.
Etimologia - Il termine generico deriva dal greco phyton = pianta e elephas = elefante, in riferimento alla produzione di avorio. Il termine specifico allude alle notevoli dimensioni dei frutti, più grandi rispetto alle altre specie.
Area d'origine - Colombia, Ecuador
Descrizione botanica - Palma d'aspetto molto singolare, caratterizzata da un fusto strisciante, dal quale si dipartono numerose radici avventizie, lungo fino a 6 m, arcuato e ascendente solo in una breve porzione terminale, dove si sviluppa una densa corona di foglie pennate, erette, lunghe fino a 6 m. I fiori sono unisessuali, portati su individui distinti; i maschili sono riuniti in spadici non ramificati, lunghi e cilindrici, i femminili in infiorescenze glomerulari, molto brevi e compatte. A maturità, esse danno origine ad infruttescenze globose, costituite da un insieme di frutti (drupe) parzialmente concresciuti, con 6-9 semi. I semi contengono un tessuto nutritivo (albume), inizialmente lattiginoso, edule e di sapore gradevole, che a maturità diviene durissimo e molto simile all'avorio animale.
Usi - L'albume indurito dei semi di questa palma, come pure di quelli di Hyphaene thebaica, costituisce un avorio vegetale abbastanza pregiato, usato per fabbricare bottoni e oggetti intagliati.
Chamaerops humilis L.
Area d'origine - Regione mediterranea.
Etimologia - Il termine generico deriva dal greco chamai = per terra, al suolo e rops = virgulto, cespuglio e allude al portamento della pianta, al quale fa riferimento anche il termine specifico, di origine latina.
Descrizione botanica - Pianta d'aspetto cespitoso, acaule o con fusti multipli, alti fino a 2 m, talora anche 6-8 m in coltivazione, coperti da fibre e dai resti dei piccioli fogliari. Le foglie sono persistenti, a ventaglio, rigide e dritte, con lunghi e sottili piccioli muniti di spine laterali e lamina divisa in 16-20 segmenti appuntiti: I fiori, unisessuali o ermafroditi, sono piccoli, gialli, riuniti in dense pannocchie che si originano tra i piccioli fogliari, avvolte da una spata bivalve. I frutti sono carnosi, ovoidali, di colore giallo-rossastro, lunghi 2-3 cm, non commestibili.
Usi - In tutti i paesi del Mediterraneo occidentale, dove cresce spontanea, le foglie della Palma nana sono state sempre utilizzate per lavori d'intreccio di vario tipo.
Il germoglio apicale viene utilizzato nell'alimentazione come cavolo-palmizio, soprattutto nei paesi del Nord Africa, ma anche in Sicilia dove è noto come ciafagghiuni.
Questa antica forma di artigianato è quasi scomparsa in Sicilia, tale lavorazione è limitata ad alcuni operatori del Trapanese e dell'Agrigentino.
Con una certa difficoltà è possibile reperire sul mercato cesti, corde, scope, ventagli, stuoie, realizzati con foglie di Palma nana, che una volta erano, invece, largamente adoperati soprattutto per l'economicità e la buona qualità dei prodotti stessi.