Il turista a Villa Bellini

(di Anna Pavone)

Camminando per le vie di Catania gli occhi dello straniero, a differenza di quelli dell'autoctono, vengono investiti da immagini multicolori, dal rapido guizzare delle automobili, dallo sguardo assente dei passanti che sfrecciano loro accanto, e quando, stanchi, cercano la quiete, sono condotti quasi istintintivamente davanti alla più grande e più importante oasi verde della città.

L'oasi di cui parliamo è la Villa Bellini, sontuoso parco originato in parte da un giardino settecentesco, chiamato "Labirinto" per l'intricatezza dei suoi viottoli, appartenente al Principe Ignazio Paternò Castello di Biscari (1719-1786).

Il nostro straniero non può resistere al richiamo dei suoi polmoni e della sua curiosità, stimolata da quello che dall'entrata principale, sulla via Etnea, si riesce a intravedere fra le siepi e i Ficus che gli danno il benvenuto.

Da quando la Villa, da giardino privato, divenne pubblico (1883), costituì un punto di incontro essenziale per la vita mondana cittadina, con i suoi festeggiamenti floreali, con sfilate di carrozze e concerti, e le attività che si continuano a svolgere tutt'oggi.

La flora che si offre agli occhi ammirati del nostro visitatore è essenzialmente esotica, scelta anche per la buona adattabilità al clima catanese, con particolare frequenza di siepi e di palme, tra cui meritano menzione Chamaerops humilis, Phoenix dactylifera, Phoenix canariensis, Phoenix reclinata, Livistona chinensis, Livistona australis, Washingtonia filifera, Washingtonia robusta, Erythea armata, Trachycarpus fortunei e Howea forsteriana.

Con gli occhi accesi e un insaziabile desiderio di catturare ogni respiro, lo attirano la maestosità degli esemplari presenti; le fontane; i busti in cui può riconoscere personaggi centrali per la storia della città, che lo accompagnano con le loro espressioni ieratiche; la vasca ricca di candidi cigni, attrazione preferita dai bambini che protendono le mani eccitate e impaurite per porgere loro qualche briciola; il grande orologio e il datario, fiancheggiato da due alti esemplari di Washintonia filifera e Pinus pinea.

Lo conquista la bellezza caratteristica del chiosco dei concerti sulla sommità della collinetta sud, da cui può ammirare dall'alto il paesaggio sottostante e l'Etna che sovrasta l'intera città.

E proprio nell'istante in cui guarda in prospettiva ciò che in precedenza aveva assorbito, decide di non usare più la sua macchina fotografica: benché abbia immortalato l'esemplare di Ficus magnolioides e filari di Platanus hybrida l'imponenza delle due Araucaria cooki, o il busto di Vincenzo Bellini e di Luigi Capuana, su pagine che il tempo ingiallirà non ritroverà le emozioni che quel giardino gli ha dato, le sensazioni che ha provato quando, dal vortice delle vetrine scintillanti e rumorose, si è immerso in quella quiete senza tempo che aleggia all'interno della Villa Bellini.


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