L'ERUZIONE DEL 1669

Si può ritenere che questa eruzione sia stata una delle più spaventose; essa ebbe inizio l'11 marzo e finì il 15 luglio. Nei pressi di Nicolosi, in direzione del cratere centrale, secondo una linea che va da Nord-Est a Sud-Ovest, si aprì un imponente squarcio, nella cui parte inferiore si formarono diverse bocche esplosive (Monti Rossi ) ed effusive. L'abate Vito Maria Amico storiografo (1677-1762), così ricorda l'evento: "Aprissi la mattina da mezzogiorno a settentrione dal piano di S. Leone a Monte Frumento verso il supremo cratere profondissima fenditura larga cinque o sei piedi su cui apparse fulgido splendore. All'ora undicesima fra tremiti aprissi voragine di fuoco sotto la Nocilla lungo la fenditura, che proruppe in ceneri e sassi tuonando". Diversi centri abitati furono distrutti, primo fra tutti Nicolosi, quindi Belpasso, Mompilieri, Mascalucia, Camporotondo, San Giovanni Galermo, San Pietro Clarenza. Il 25 marzo alle ore 16 si verificò un evento catastrofico che il canonico vulcanologo Giuseppe Recupero (1720-1778) nella sua "Storia naturale e generale dell'Etna" così descrisse: "commoversi con grande violenza tutto il perimetro della montagna, saltare in aria dal cratere una prodigiosa colonna di nero fumo, e rovente materia, e profondarsi finalmente la sua cima con orridi rumoreggiamenti nel suo baratro. Cadde in primo luogo quella vetta che guardava verso Bronte, di poi l'altra rimpetto l'oriente ed ultimamente si rovesciò quella posta in faccia al mezzogiorno". Il torrente di lava ben alimentato (era largo 4 chilometri e alto 50 metri) investì prima l'abitato di Misterbianco quindi, appena un mese e un giorno dopo l'inizio dell'eruzione, Catania dal lato di ponente. Il 15 aprile invase la valle di Anicito (oggi Nicito) e quindi il lago omonimo (Lago di Nicito ) che stava al centro. La lava proseguì il suo cammino superando le mura, coprì i Bastioni di S. Giorgio e di S. Croce, i fossati del Castello Ursino , seppellì, quindi, i 36 canali del fiume Amenano e si riversò in mare per circa 2000 metri. Catania si spopolò, dei 20.000 abitanti ne rimasero solo 3.000, gli altri cercarono rifugio altrove. Complessivamente la lava inghiottì le case di oltre 27.000 persone. Uno dei maggiori problemi fu quello di dare alloggio a tante persone senzatetto. Il 30 aprile una corrente lavica penetrò nell'orto dei Benedettini, circondando il convento dai lati nord e ovest, senza tuttavia coinvolgerlo. L'acese Giacinto Platania (1647-1720), testimone oculare, riprodusse nel 1679 la tremenda eruzione in un dipinto oggi posto nella sagrestia del Duomo di Catania.